martedì 6 maggio 2008

INLAND EMPIRE




di David Lynch, con Laura Dern, Jeremy Irons, Harry Dean Stanton, Justin Theroux






Per chi non lo conoscesse, posso dire due parole su David Lynch: un genio. Un genio che è stato in grado di far diventare ogni suo film un cult, quale altro regista ci è riuscito? Qualche titolo: Dune, assoluto capolavoro della fantascienza; The Elephant Man, tra i più bei film di sempre; Velluto Blu, il film che ha riportato il cinema americano ad una qualità fino ad allora solo auspicabile; Eraserhead, suo prima opera completa, praticamente uno dei più grandi cult di sempre. Questi sono solo alcuni titoli, se non vi bastano posso aggiungere che Lynch è il geniale autore/creatore di una serie tv come Twin Peaks. Non so se mi spiego.

Il suo cinema si contraddistingue per la continua perdita della realtà (o realtà completamente rinnovata come in Dune o Eraserhead), per il piglio psicologico dei suoi personaggi (dei veri e propri eroi metropolitani), per il continuo bombardemento allo spettatore di visioni oniriche, sogni, distorsioni, mostri, incarnazioni del bene e del male, meandri oscuri dove chi guarda è costretto a lasciarsi trasportare dalla bellezza delle immagini, dal susseguirsi di scene apparentemente inspiegabili. L'inspiegabile è proprio la chiave di tutti i suoi film.

Lynch è regista assai contestato per la poca chiarezza dei suoi film. Anche nelle sue rare apparizioni in pubblico non fa che ripetere che non bisogna darsi una spiegazione dei suoi film. Bisogna solo viverli. Lynch cerca di dar vita ai diversi moti dell'essere, all'essenza delle cose, mette per immagini le paure a tutti comuni e crea intorno ad esse involucri angoscianti di sequenze senza significato, lunghi silenzi con la sola inquadratura degli occhi del protagonista (Kyle MacLachlan in Velluto Blu ne è un grande esempio) e distrugge il concetto di piano dimensionale, creandone di volta in volta di nuovi, massacrando la trama, riducendo all'osso la stessa idea di narrazione.

Dopo aver esplorato (sempre a modo suo) i sentieri della storia d'amore con un particolarissimo road movie come Cuori Selvaggi (1990) (il miglior film di Nicolas Cage, senza dubbio); dato al mondo un capolavoro immane come Strade Perdute (1997) e regalato un racconto semplice e commovente come Una Storia Vera (1999), da vita nel 2001 ad un'opera che lo consacra definitivamente tra i mostri sacri del cinema: Mulholland Drive. Famoso per le scene erotiche lesbo tra le protagoniste (Naomi Watts ed un'eccitantissima Laura Elena Harring), sbalordì il pubblico per la narrazione assai controversa di un thriller metafisico di impareggiabile levatura.

Non soddisfatto dei capolavori fino ad allora partoriti, da vita ad un altro ambizioso progetto: INLAND EMPIRE (scritto rigorosamente maiuscolo su tutte le pubblicità), l'impero della mente. Lynch ci mette tre anni a girare questo film (in realtà pochi mesi di riprese) e lo nomina direttamente come la sua più grande sperimentazione. E' un film immenso, senza dubbio, impossibile da raccontare ma assolutamente necessario per chi ama questo regista.

Lynch gira per la prima volta in digitale. L'incontro tra il digitale e Lynch lascia esterefatti: ci si aspeterebbe una qualità d'immagini superba e invece ecco lì che ci troviamo tre ore di film girati come se a tenere la macchina fosse il babbo nell'uscita domenicale: il tratto è nervoso, ricco di movimenti, con zoom repentini e cambi di sequenza altrettanto veloci. Lynch usa il digitale per giocare con questi effetti, rimanendo a lungo sui primi piani dei personaggi e usando la fedeltà del nuovo formato per raccontare la sua storia esattamente come l'ha concepita: secondo per secondo. Può lasciare stupiti, ma INLAND EMPIRE è stato girato interamente senza sceneggiatura. Lynch sostenne che l'intera opera era già stata girata nella sua testa, pertanto bastava che gli attori seguissero esattamente ciò che lui, con dovizia di particolari, suggeriva.

Il risultato è l'odissea personale di Nikki (una magistrale Laura Dern), che ricevuta la parte per un oscuro remake di un film, comincia la sua vita di nevrosi e ricerca dell'amore. Si potrebbe definire INLAND EMPIRE come una storia d'amore, per certi versi, e un fitto dramma psicologico per altri. Se l'inizio sembra linere (ma mai troppo: comincia con una puttana polacca che guarda una sitcom fatta da conigli!), mano a mano il tessuto narrativo perde il suo stesso significato: Laura Dern impersona allora tutte le sfaccettature di Nikki: come attrice, come puttana, come assissina e, infine, come se stessa. Il film è una visione onirica di una donna in pericolo (come l'ha definita lo stesso Lynch) che cerca di salvarsi da se stessa, dai suoi demoni, da suo marito, da tutti ciò che il regista, con bravura sopraffina, ci mostra durante il film. Difficile dire altro sulla trama perchè di fatto, la trama, non c'è. Le immagini si susseguono una dietro l'altra, senza apparente logica (ma la logica c'è, c'è...), con scene autoconclusive che distraggono lo spettatore dalla storia originale (la Nikki attrice) portandolo in un labirinto senza uscita, buio, fatto dagli incubi che Nikki crea.

Voto: 10/10

Tutti i film di Lynch non scendono al di sotto del dieci. Un regista (perchè tutte le sue opere seguono lo stesso filone) che si ama o si odia. INLAND EMPIRE sbalordisce per la cruda realtà sognante che Lynch con bravura ci regala: proviamo gli stessi incubi di Nikki, le stesse paure, le stesse angosce. In questo Lynch è insuperabile.