
"The Battle Rages On...", 1993
Questa più che una recensione vuole essere una considerazione su di un disco personalmente epocale che ha sancito la fine di un periodo per un gruppo importante ed influente sul mondo del rock come i Deep Purple. Fine di un periodo perchè il chitarrista storico, un certo Ritchie Blackmore, lasciò il gruppo a metà del tour promozionale del disco, costringendo i Profondo Porpora ad assumere un chitarrista mediocre come Joe Satriani per suonare nelle date giapponesi.
E questo era solo l'epilogo. In principio il disco doveva essere cantato da Joe Lynn Turner, voce dei Rainbow più hard del passato nonchè vocalist del modesto "Slaves & Masters" dei Deep Purple del 1990. Il disco era stato apprezzato dai fan di vecchia data dei Purple, ma distrutto dalla critica di settore che lo aveva etichettato come successore mediocre del capolavoro "Bent Out Of Shape" (1983) dei Rainbow. Le sonorità infatti erano molto simili (hard rock elaborato con grande piglio melodico) e i componenti dei Purple (a parte Blackmore), insoddisfatti del risultato, premevano per una reunion della Mark II (quella storica di "Made In Japan" e di tutti gli altri capolavori porpora). Ciò significa riportare nei ranghi il grande Ian Gillan, impegnato in una deludente carriera solista, e quindi ricominciare con i litigi con l'intransigente Blackmore. Quest'ultimo era particolarmente contrario al suo rientro tuttavia, sentite le sessioni di prova con la voce di Gillan sui brani nuovi, si dovette convincere che il disco poteva diventare un capolavoro.
E così fu. L'intero album venne risuonato e adattato al timbro di Gillan. La produzione, curata per lo più da Roger Glover, era impeccabile; le sonorità erano più moderne e i brani sembravano essere uno più bello dell'altro. Blackmore compì un lavoro di chitarre impressionante, con riff e assoli di una bellezza incredibile (basta ascoltare la title track per farsene un'idea) il tutto coadiuvato da una tecnica (come sempre) impressionante da parte degli altri del gruppo (Ian Paice e Jon Lord sono sempre grandi). Brani tiratissimi come "Nasty Piece Of Work", "Talk About Love" e altri più bluesaggianti come "Ramshakle Man" e "Lick It Up" sono tra le prove più interessanti. Un brano come "Anya", dall'intro arabeggiante, nonostante riprendesse sonorità care al Blackmore dei Rainbow, possedeva un'anima porpora dall'indubbio fascino. Ogni altro brano del disco è un piccolo capolavoro a sè. Se si pensa che il disco venne registrato in un clima interno non proprio sereno (Blackmore e Gillan praticamente non si sopportavano) il risultato è ancora più impressionante. All'uscita del disco i fan entrarono praticamente in delirio, inneggiando al miracolo (il rientro di Gillan) e grazie al recupero di sonorità più classiche (continui rimandi ai suoni degli anni 70), l'album divenne automaticamente una pietra miliare del genere.
Verso la fine del tour del 1993 Blackmore, stufo dei continui litigi, lasciò il gruppo in balia di se stesso (ora non è perchè io lo adoro alla follia, ma il motore del gruppo era lui...) e riformò (per un disco) i Rainbow. I Deep Purple finirono il tour con Satriani (concerti documentati da diversi bootleg... veramente un lavoro pessimo da parte del pelatissimo chitarrista...) e poi nel 1996 decisero di ridare un senso all'onorevole nome del gruppo arruolando Steve Morse alla chitarra (suggerito da Satriani, l'unica cosa utile che fece al gruppo...) e registrando un disco stupendo, "Purpendicular".
Voto: 10/10
Calcolando che nel 1993 girava un sacco di merda (il grunge, l'heavy metal), questo disco era un vero e proprio tocca sana per i rockettari di mestiere. Non c'è niente che non vada, tutto è perfetto, tutto il gruppo suona in maniera impeccabile, i brani sono bellissimi e diciamolo, Blackmore ha suonato veramente da dio.


